Non è necessaria l’iscrizione a ruolo nei confronti della società estinta per chiedere il pagamento del debito tributario anche al suo liquidatore

Il tema è quello che appassiona e divide, da un po’ di anni, le aule delle commissioni tributarie e della Cassazione. Ossia: per agire contro il liquidatore ex art. 36 del D.p.r. 602/73 è necessario che prima l’Ufficio iscriva a ruolo le somme dovute dalla società estinta? Oppure può notificare a entrambi, cioè società e liquidatore, l’avviso di accertamento?
La Cassazione, a Sezioni Unite, quindi con un certo peso nella decisione, hanno messo la parola fine al dibattito giurisprudenziale e dottrinale stabilendo che non serve la preventiva iscrizione a ruolo nei confronti della società per poter chiedere il dovuto, poi, al liquidatore. Il principio di diritto è contenuto nella sentenza n. 32790 del 27 novembre 2023.
Per dovere di esposizione, si ricorda che la diatriba trae origine dall'interpretazione dell art. 36 del D.p.r. 602/73 dove, al primo comma, prevede che il liquidatore è responsabile in proprio del pagamento delle imposte se non prova di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci o associati oppure di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.
Tale tipo di responsabilità, per copiosa giurisprudenza di legittimità, confermata definitivamente dalla sentenza in commento, è una responsabilità che ha natura civilistica e non tributaria. Ciò implica che non vi sia nessuna successione di rapporti fra soggetto sociale estinto e liquidatore. Il liquidatore non è un coobbligato della società, ma bensì un ulteriore responsabile nel soddisfare i creditori sociali.
Sul liquidatore, dunque, sorge una ipotesi di responsabilità nuova, con la quale l’Erario acquisisce un diritto al pagamento di quanto dovuto che è autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria imputata alla società estinta.  
Sancito questo principio, secondo gli Ermellini è più semplice stabilire se il Fisco necessita di un titolo esecutivo per agire contro il liquidatore della società estinta. Il ragionamento che viene svolto dai Giudici è assai semplice. I creditori ordinari possono agire contro il liquidatore ai sensi dell’art. 2495 del Codice civile, senza alcun obbligo di dotarsi di un titolo esecutivo preventivo. Devono solo provare che il credito insoddisfatto è liquido ed esigibile. Da ciò i Giudici si domandano per quale motivo il Fisco, che è un creditore al pari degli altri, debba precostituirsi un titolo esecutivo non richiesto agli altri creditori. In più, a essere precisi, l’avviso di accertamento è esso stesso, per legge, un titolo esecutivo e, pertanto, l’Erario il fantomatico titolo esecutivo lo possiede nel momento stesso in cui viene emesso l’avviso di accertamento.
Sul finire della sentenza la Cassazione apre uno scenario importante, introducendo la possibilità che il liquidatore possa discutere anche dell’accertamento emesso nei confronti della società estinta. Quest’ultima, infatti, non può stare in giudizio perché, appunto, estinta. Di conseguenza, quindi, l’avviso di accertamento nei suoi confronti, in punta di diritto, non può essere impugnato. Sulla questione scrive la Suprema Corte: “non può dubitarsi […] che il liquidatore, in sede di ricorso innanzi agli Organi di giustizia tributaria, possa confutare anche la sussistenza (come accertata nell’avviso emesso nei suoi confronti) di imposte a carico della società, al fine di escludere il contestatogli inadempimento agli obblighi connaturati alla carica ricoperta”. Concetto pienamente ribadito nel principio di diritto contenuto nella sentenza in commento. Si legge, infatti, che il liquidatore potrà contestare “la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti ivi compresa la debenza di imposte a carico della società”. Se non è questa una forma di litisconsorzio necessario fra società estinta e liquidatore, poco ci manca.
 

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