I motivi di una patrimoniale
La categoria dell’animo che fa riferimento all’equità non può essere usata per giustificare l’imposta patrimoniale. Non si può neppure dimostrare una maggior giustizia dell’imposizione progressiva: è indubbio come il suo peso gravi solo sul lavoratore dipendente, essendo impossibilitato ad evaderla. La patrimoniale attiene, invece, alla categoria delle cose necessarie. L’economia di un Paese è simile a una famiglia con un parente che, amando più il videopoker che la sobrietà, finisce per portare al dissesto tutto il parentado. Per risolvere il danno si avranno di fronte due strade: lavorare di più oppure vendere qualche gioiello di famiglia costringendo, da principio, il parente scapestrato a rimettersi in riga. Così vale per lo Stato: un elevato debito pubblico, frutto più di sperperi che di investimenti, potrà essere ridotto scegliendo tra un aumento delle tasse oppure chiedendo un sacrificio straordinario ai cittadini. Aumentare le tasse è buona cosa a due condizioni: bassi interessi sul debito pubblico e alta crescita economica. Ad oggi ciò è pura utopia. Nemmeno evocare la lotta all’evasione serve a qualcosa: i risultati non sono immediati. L’unica soluzione rapida è la patrimoniale straordinaria: i cittadini si impegnano a cedere un pezzo della propria ricchezza per raddrizzare il debito pubblico. La politica, di contro, si impegna a tornare in riga, a risanare i conti eliminando gli sperperi, le ruberie, le inefficienze e l’evasione. Una spirale virtuosa che attraverso le maggiori risorse reperite dalla riduzione degli interessi sul debito potrà dare luogo a una diminuzione della tassazione la quale, a sua volta, farà aumentare i consumi con effetti positivi sull’andamento del PIL. Solo così la patrimoniale straordinaria potrà essere un prezzo accettabile da pagare per rimettere in riga rapidamente un Paese e impedire di trasferire l’onere del debito pubblico interamente sulle attuali generazioni e su quelle future.
(La Tribuna Sammarinese, sabato 20 luglio 2013)
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