Il lease back fa decadere dall’agevolazione per la piccola proprietà contadina
Scritto da Giovanni Benaglia
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Il coltivatore diretto o l’imprenditore a titolo professionale (IAP) che pone in essere una operazione di lease back prima dei cinque anni dall’acquisto agevolato di un terreno agricolo per il quale ha usufruito dell’agevolazione per la piccola proprietà contadina, decade da tale ultima agevolazione. Il principio è contenuto nella sentenza della Cassazione n. 30664 del 25 ottobre 2024 pubblicata in data 28.11.2024.
Piccola proprietà contadina.
L’agevolazione sulla piccola proprietà contadina la possiamo trovare nell’art. 2 comma 4 bis del D.L. 194/2009. Essa prevede l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro e ipotecaria, e dell’un per cento dell’imposta catastale. Oggetto dell’acquisto devono essere dei terreni agricoli e tali acquisti devono essere effettuati da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo professionale. L’unica condizione è che l’acquirente non può, prima dei cinque anni, cedere i terreni acquisiti con l’agevolazione o cessare di coltivarli o gestirli direttamente.
Lease back.
Il contratto di lease back è una forma contrattuale atipica, che nel nostro ordinamento non esiste. Tuttavia è pacificamente consentito ai sensi dell’art. 1322 comma 2 del Codice Civile, in quanto raggiunge degli interessi meritevoli di tutela giuridica. Nel caso questi sono costituiti dalla necessità di finanziamento maturata dal soggetto che lo pone in essere. Nella sostanza si tratta di un contratto mediante il quale il proprietario cede a un istituto finanziario un bene e quest’ultimo lo riassegna al proprietario iniziale dietro pagamento di un canone di locazione.
Il caso.
Gli Ermellini sono stati chiamati ad esprimersi su un caso che vede coinvolta una società agricola che ha acquisito dei terreni in diritto di superficie utilizzando l’agevolazione sulla piccola proprietà contadina e, prima dei cinque anni, ha posto in essere un’operazione di lease back sugli stessi. Lo scopo dell’operazione era solo quello di finanziare lo sviluppo agricolo e fotovoltaico sui terreni acquisiti.
L’Agenzia delle Entrate, di fronte al compimento di tale contratto, ha revocato le agevolazioni sulle imposte di registro, ipotecaria e catastale e ha recuperato le imposte calcolandole in misura ordinaria.
Il contribuente si è opposto a questo recupero lamentando il fatto che il contratto di lease back di fatto non è altro che un modo alternativo utilizzato per finanziarsi e che il terreno, al termine del periodo di leasing, sarebbe comunque rientrato nella sua disponibilità attraverso il pagamento del prezzo di riscatto.
Di diverso parere è la Corte di Cassazione. L’obiezione principale che viene mossa è che il contratto di lease back è un’operazione complessa composta da più negozi successivi (cessione, successiva locazione, eventuale riacquisto) certamente collegati funzionalmente tra di loro ma ciascuno ben distinto sul piano della sua forma tecnica. Il contratto di lease back prevedendo proprio come primo atto quello della cessione, fa scattare in automatico la decadenza dall’agevolazione stessa che non ammette nessuna cessione di bene. Non si può invocare, inoltre, su questo punto una interpretazione estensiva della norma, con la prevalenza della sostanza sulla forma. Gli Ermellini, nella sentenza in commento, ribadiscono nuovamente il principio che le norme tributarie non possono essere interpretate in via analogica. L’agevolazione sulla piccola proprietà contadina non fa alcun riferimento al lease back tra le cause di esclusione dalla decadenza. Pertanto, per l’invocato principio di rigidità interpretativa delle agevolazioni fiscali, non si può che decidere a favore dell’Agenzia delle Entrate, legittimando il recupero delle maggiori imposte non pagate in sede di acquisto.