Processo Vulcano: in appello riconosciuto il danno a favore della parte civile
Si è concluso lunedì 13 giugno, davanti alla Corte d'Appello di Bologna, il processo d'appello scaturito dall'indagine "Vulcano" della DDA felsinea. I giudici hanno sostanzialmente riconfermato le condanne inflitte in primo grado ai nove imputati per estorsione aggravata dal metodo mafioso (L. 203/91), relativamente ad episodi di vessazione nei confronti di due imprenditori attivi tra la riviera romagnola e la Repubblica di San Marino. Gli imputati avevano evocato a vario titolo la vicinanza e l'appartenza a clan camorristici e dei casalesi. La sentenza emessa dal Tribunale di Rimini è stata riformata solo parzialmente per uno degli imputati, al quale è stata disapplicata la recidiva contestata, e nella parte relativa al danno lamentato dalla parte civile. Nel processo di primo grado, tramite lo Studio Grassi Benaglia Moretti, si era infatti costituita l'associazione SOS IMPRESA a tutela degli imprenditori oppressi dalla criminalità organizzata. In quella sede, tuttavia, il risarcimento del danno non era stato riconosciuto. Assieme agli imputati, anche la parte civile ha dunque proposto appello per sostenere le proprie ragioni, le quali sono state infine condivise anche dai giudici della Corte d'Appello (le motivazioni si conosceranno solo al deposito della sentenza).
Dell'esito del processo d'appello ha scritto l'Informazione di San Marino, con un articolo a firma di Antonio Fabbri, che scrive: "[...] La Corte ha anche riconosciuto il risarcimento del danno, da liquidare in separata sede, a favore di Sos Impresa, in giudizio rappresentata dagli avvocati Patrick Wild e Rachele Grassi dello Studio Grassi Benaglia Moretti di Rimini. Riconoscimento, anche questo, non secondario che attesta come l'attività collettiva e la forte valenza sociale delle associazioni portatrici di principi alti e comuni, sia presidio importante e fondamentale da fare valere anche nelle sedi giudiziarie nella lotta al metodo mafioso".